The Collage Post Image by Gerhard Lipold from Pixabay 

The Collage Post

Tutte le favole iniziano con “C’era una volta….”. Perché tutte le favole iniziano con queste parole? Secondo alcuni il “C’era una volta…” fa riferimento alle società matriarcali che sono state sopraffatte dalle società patriarcali. Tale tesi trova conferma dal fatto che le protagoniste sono donne.

Ma in cosa sussiste questa società matriarcale?

Nel 2008 è stato ritrovato un pendaglio nella grotta di Hohle Fels in Germania. Il pendaglio fu realizzato 35 mila anni fa e rappresentata una divinità femminile con parti intime pronunciate.

Da tale statuina si presume che la divinità principale fosse una donna. Pertanto il ruolo della donna nella società doveva essere considerevole.

Sono state ritrovate in Europa e Asia delle statuine chiamate “veneri” risalenti al Paleolitico. Tali statuine hanno rimarcato il concetto del Dio donna. Queste statuine sono state ritrovate anche a Malta, dove una civiltà realizzò templi a gradoni di pietra 1500 anni prima della prima piramide egiziana. In questi templi venivano immagazzinate grandi scorte di cibo per la società.

Gli insediamenti di questo tipo di società non avevano fortificazioni, segno che non conoscevano la guerra.

Lo storico Johann Jakob Bachofen sosteneva che alcuni miti greci erano un ricordo di un conflitto sociale che portò al patriarcato. Ad esempio il mito di Medusa che veniva uccisa da Perseo. Questo mito rappresentava la sconfitta di una matriarca (Medusa) e la vittoria dell’uomo che si verifica quando si impossessa della religione.

Gli storici dicono che nell’età d’oro delle società matriarcali si era formato un bilani sessi. Le spose restavano a vivere nel villaggio materno mentre i figli venivano cresciuti da fratelli, zii e nonni. I mariti continuavano a vivere nel villaggio materno, dove si occupavano dei nipoti e dei campi. Essi erano visitatori serali della sposa e al mattino presto ritornavano al villaggio materno. La paternità dei bambini non era chiara, quello che contava era la paternità sociale collettiva. Si vive nel villaggio materno e si prende il nome della madre e se ne ereditano i beni. Sussistevano matrimoni di gruppo e relazioni che si basavano sulla visita, con conseguenza libertà sessuale dei partner.

La proprietà privata era limitata al gregge e alla terra, che appartenevano al clan. Il commercio non si basava sugli scambi ma si basava sul dono. Lo scambio interrompe il rapporto tra le persone, mentre il dono va ricambiato prima o poi e il rapporto continua. Ognuno donava quello che poteva donare e non si guardava il valore del dono. Ad esempio un clan aveva avuto un raccolto abbondante e donava parte del raccolto a un altro clan. Questo è un riequilibrio sociale, ossia la ricchezza viene distribuita. Il clan matriarcale funzionava su base assembleare. Ogni famiglia mandava un rappresentante con una delega all’Assemblea. Se tra i vari rappresentanti non si trovava un accordo, il rappresentante ritornava a casa a consultare coloro che gli avevano dato la delega. Pertanto si può dire che l’Assemblea cercava consensi dai clan.

Oltre a pregare figure femminili la società matriarcale aveva molta riverenza per la morte. Essi ritenevano che dopo la morte si rinasceva nello stesso clan. Pertanto essi seppellivano i defunti in posizione fetale. I valori delle società matriarcali erano incentrati sulla cura e i bisogni della comunità.

Dal 4500 a.C. al 3000 a.C. giunsero in Europa popoli che avevano addomesticato i cavalli, scoperto il bronzo, e si basavano sulla guerra. Questi popoli conquistarono le popolazioni matriarcali, che con gran fatica si adeguarono alle società patriarcali. Di questa società a noi rimangono, oltre alle statuine ritrovate, le favole e fiabe che sono ambientate nel periodo matriarcale, perché quel “C’era una volta” fa riferimento al periodo matriarcale. Le protagoniste sono donne: pensiamo a Cenerentola, Biancaneve.

1Shares